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La fermentazione del Koji

Come avviene la fermentazione del Koji e perché è così importante per la cucina tradizionale giapponese.

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koji

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Nel panorama delle tecniche culinarie tradizionali, poche possono vantare l'importanza culturale e gastronomica del koji nella cucina giapponese. L’ingrediente ottenuto dalla fermentazione controllata di cereali inoculati con il fungo Aspergillus oryzae, è la base fondamentale di numerosi alimenti iconici della gastronomia nipponica, dal miso alla salsa di soia, dal sake al mirin.

Nonostante la sua centralità nella cucina orientale, il koji rimane relativamente sconosciuto in Occidente, un tesoro nascosto che solo recentemente sta iniziando a ricevere l'attenzione che merita da parte di chef innovativi e appassionati di fermentazione.

Il processo di produzione del koji rappresenta un affascinante esempio di simbiosi tra uomo e microrganismi. Tutto inizia con la selezione del substrato, tradizionalmente riso, orzo o soia, che viene cotto, raffreddato e inoculato con le spore dell'Aspergillus oryzae.

Durante l'incubazione, che avviene in ambienti caldi e umidi attentamente controllati, il fungo colonizza il substrato e rilascia un complesso di enzimi che trasformano amidi e proteine in composti più semplici, generando zuccheri, aminoacidi e peptidi. Questa decomposizione enzimatica non solo facilita la successiva fermentazione, ma crea anche i precursori del sapore umami che caratterizza i prodotti a base di koji. Il processo richiede esperienza e precisione: temperatura, umidità e tempo devono essere perfettamente calibrati per ottenere un koji di qualità, con il caratteristico profumo fruttato e floreale che gli esperti definiscono "fragranza del koji".

Dal miso al sake: i “figli” del Koji

Il koji non è un alimento consumato direttamente, ma piuttosto un ingrediente di partenza per una straordinaria varietà di fermentazioni secondarie. Nel caso del miso, il koji di riso o orzo viene mescolato con soia cotta e sale, avviando una fermentazione che può durare da pochi mesi a diversi anni.

Durante questo periodo, gli enzimi del koji continuano il loro lavoro, sviluppando il complesso profilo aromatico che rende il miso un ingrediente insostituibile nella cucina giapponese. La salsa di soia segue un processo simile, con l'aggiunta di una fase di pressatura e filtrazione che produce il liquido ambrato ricco di umami. Nel caso del sake, gli enzimi del koji convertono l'amido del riso in zuccheri fermentabili, che vengono poi trasformati in alcol dai lieviti, in un processo che ricorda la maltazione dell'orzo nella produzione della birra. Questa versatilità del koji come starter fermentativo ha permesso lo sviluppo di una vasta gamma di prodotti, ciascuno con caratteristiche organolettiche uniche legate alla specificità del processo produttivo.

Il quinto sapore: Umami e biologia del gusto

Il contributo più significativo del koji alla gastronomia mondiale è probabilmente la sua capacità di generare umami, il quinto sapore fondamentale riconosciuto dalla scienza contemporanea. L'umami, associato agli aminoacidi liberi come l'acido glutammico, crea una sensazione di sapidità profonda e soddisfacente che amplifica gli altri gusti presenti in un piatto.

Non è un caso che i prodotti a base di koji siano utilizzati nelle cucine asiatiche come esaltatori di sapidità: una piccola quantità di miso o salsa di soia può trasformare radicalmente un brodo o una salsa, aggiungendo complessità e profondità. La scoperta scientifica dell'umami e dei suoi recettori specifici sulla lingua umana ha fornito una spiegazione biologica a ciò che i cuochi giapponesi sapevano empiricamente da secoli: i prodotti del koji hanno un potere unico di rendere i cibi più gustosi, grazie alla loro capacità di stimolare questa via sensoriale specifica.

Innovazione contemporanea e nuove frontiere

Negli ultimi anni, chef e produttori artigianali occidentali hanno iniziato a esplorare le potenzialità del koji, portando questa antica tecnica fermentativa in nuovi territori gastronomici. L'applicazione dei processi di fermentazione del koji a ingredienti non tradizionali ha aperto possibilità creative inedite, generando una nuova categoria di prodotti fermentati ibridi che combinano tradizione orientale e ingredienti occidentali.

Nascono così il koji di farro, il miso di ceci o di lenticchie, formaggi maturati con koji, e persino dolci che incorporano questi profili fermentati complessi. Particolarmente interessante è l'utilizzo del koji nella maturazione delle carni, dove gli enzimi proteolitici accelerano il processo di frollatura, sviluppando aromi complessi simili a quelli della carne maturata a secco ma in tempi molto più brevi. Questa tecnica, chiamata "koji-aging", sta rivoluzionando l'approccio di alcuni chef alla preparazione delle proteine animali, permettendo di ottenere risultati straordinari con investimenti di tempo ridotti.